VILLA DEL PASTORE

Oltre le ville in vista, esistono realtà archeologiche ancora nascoste, realtà di gran lunga più estese di quelle in luce, fatte di residenze, edifici pubblici, strade, taverne ed aree sepolcrali, la cui collocazione temporale spazia tra l’VIII sec. a.C. e il II sec. d.C.
A pochi metri a sud-est del Secondo Complesso si estende una quarta villa, la cosiddetta Villa del Pastore, da una statuetta che vi si rinvenne. Essa fu portata in luce tra il maggio 1967 e il settembre 1968, a seguito di uno scavo eseguito a scopo edilizio su richiesta dell’allora proprietaria Rosa Fusco. La villa, reinterrata negli anni ’70, in attesa del completamento delle pratiche di esproprio, era stata in età borbonica già scavata e rilevata: infatti il primo rinvenimento, documentato dal Weber, si data nel 1754. Nel febbraio 1759 lo scavo s’interruppe per riprendere con il La Vega l’11 dicembre 1775 e concludersi il 20 gennaio 1778.
Il complesso si estende per circa 18.000 mq. ed è formato dall’accorpamento di due nuclei architettonici, deducibili dall’accostamento della documentazione settecentesca e di quella più recente.

Il primo settore è costituito da un’ampia area scoperta, un giardino a pianta rettangolare con al centro una grande piscina (natatio). L’area era delimitata a nord da un portico finestrato, che si affacciava su una lunga terrazza panoramica, e a sud da una parete terminante ad archi. In questa zona, nel corso degli scavi moderni, fu ritrovata la statua in marmo, da cui derivò il nome della villa, raffigurante un anziano pastore vestito di rozze pelli con un agnello sulle spalle, un cesto di frutta e spighe infilato nel braccio sinistro ed una lepre nella mano destra.
Nell’angolo sud-occidentale del giardino fu riportato alla luce un portico con pavimento a mosaico bianco e nero, dal quale si accedeva ad un piccolo ambiente che fu ritrovato privo di pavimento, poiché durante lo scavo settecentesco ne avevano asportato l’originale tappeto. Più a nord due semicolonne, affrescate in rosso e in bianco, formavano l’accesso ad un grande ambiente, forse una stanza per ricevere gli ospiti.
Il settore esplorato nella seconda fase degli scavi borbonici era costituito da un’ampia corte anch’essa a pianta rettangolare, attorno alla quale si distribuivano 15 ambienti, simili tra loro per dimensione e caratteristiche. Sul lato settentrionale la corte si apriva con un grandioso quartiere termale, di cui fu identificato l’apodyterium, ovvero la prima sala del percorso termale, adibita a spogliatoio e il calidarium, originariamente con pavimento a mosaico collegato, com’è consueto, all’ampia cucina ed accessibile dal vestibolo.
Attualmente l’area della villa è in corso di esproprio ed è purtroppo preclusa da una serie di costruzioni abusive.